Un secolo di industria a Bagnoli

Le vicende degli insediamenti industriali sulla costa dei Campi Flegrei non sono del tutto note, malgrado che in realtà alcuni di essi siano stati protagonisti di una lunga storia e di lunghi conflitti con il territorio, segnato dalla bellezza dei luoghi e  dalla notorietà dei resti archeologici sparsi nell’area.

Da Nisida a Capo Miseno, lungo i litorali di Pozzuoli e di Baia, grazie alla relativa perifericità dei siti, alla prossimità al mare, alla inesistenza di vincoli ed alla debole consapevolezza dell’importanza dell’area, a partire dalla metà del secolo XIX vari impianti produttivi, spesso di grandi dimensioni e su iniziativa di imprenditori stranieri,  si insediarono lungo la costa, occupando spiagge vergini e spesso cancellando rovine e fabbriche antiche.

Tra di essi:

  1. le Officine Armstrong & Mitchell
    (imprenditori inglesi di Newcastle-upon-Tyne) a Pozzuoli (grandi fusioni ed armamento militare, 1884), poi trasformate nella SOFER
  2. il Silurificio Whithead
    a Baia (1914), poi Silurificio Italiano
  3. l’Impianto chimico Lefebvre a Coroglio
    (dopo il 1854), poi Montecatini (1920) e successivamente Fertilgest della Federconsorzi fino al 1989
  4. le Vetrerie Damiani
    (ante 1860) e Bournique ( post 1860) a Coroglio
  5. lo Stabilimento siderurgico Ilva
    poi Italsider, a Coroglio (1910)
  6. l’Eternit a Bagnoli (1938)
  7. la Cementir a Coroglio (1956)

Alcuni di essi sono oggi scomparsi, ma la grande maggioranza, dopo lunghe e travagliate vicissitudini aziendali, dopo guerre, crisi e trasformazioni, è sopravvissuta spesso con ampie espansioni e con significative modifiche, fino alle più recenti dismissioni, avvenute tra gli anni ’80 e la fine del secolo scorso.

Oltre alle manomissioni della linea costiera, segnata di moli, banchine e riempimenti (emerge tra tutti la grande “colmata” dell’Ilva), dell’industria a Bagnoli rimangono numerose tracce, edifici e manufatti conservati fino ad oggi, talvolta con coraggiose riconversioni.

Limitandoci soltanto alla piana di Bagnoli – Coroglio, attualmente sono rimasti:

  • la Cementir (superficie circa 12 ettari)

ufficialmente ancora in attività sebbene abbia smesso da tempo la produzione di cemento ottenuto dalle loppe degli altoforni dell’Ilva.

  • La ex Montecatini – Fertilgest (superficie circa 6,5 ettari)

Dopo la chiusura dell’impianto chimico che produceva fertilizzanti per l’agricoltura (solfati e perfosfati) e dei depositi (1989-92), come è noto, per iniziativa della Fondazione IDIS (che vi si andava insediando)  e con la collaborazione dell’Associazione Napoletana per l’Archeologia Industriale, furono salvati gii edifici più antichi e più pregiati del complesso, preservandone anche l’archivio; successivamente, nel corso di alcuni anni a cavallo dei due secoli, gran parte degli edifici, soprattutto quelli più antichi, hanno ospitato, con ampie ristrutturazioni, lo Science Center di Città della Scienza. Nel 2013 un incendio doloso ha compromesso la maggior parte dei capannoni originari, cancellando le antiche architetture in legno e laterizi. L’archivio è ora al sicuro, presso l’Archivio di Stato di Napoli.

  • La ex Ilva-Italsider (superficie circa 220 ettari)

Alla sua dismissione (1990-1992), ugualmente ad opera dell’Associazione, su accordo con il Comune di Napoli, la Soprintendenza ai BAA di Napoli e la Bagnoli Spa (Società IRI che gestiva  la rottamazione e la vendita di impianti e materiali), tra il 1995  ed il 2002 è stata  condotta una ricerca sulle cartografie, i grafici originali degli impianti ed infine sul campo; essa ha prodotto la selezione di un gruppo di edifici legati tra loro dal filo conduttore  della storia e del processo produttivo che ha guidato la vita della fabbrica per circa un secolo, dall’arrivo delle materie prime fino alla produzione di manufatti in acciaio.  Ad esso è poi seguito l’isolamento ed il salvataggio degli attuali “sedici siti” , tra cui emergomo l’altoforno n. 4 (degli anni ’50 con i relativi cowpers), la centrale termoelettrica (l’edificio più antico, in tralicci di ferro e mattoni – 1907) , l’officina meccanica (1918), la palazzina della direzione “storica”, con la vicina sala pompe, poi centrale telefonica (1935-36), tre ciminiere di varie altezze, ed infine la grande acciaieria LD che sostituì nel 1962 la storica acciaieria Thomas, un tronco della cokeria ed altri edifici ed impianti minori.

Ad essi si è aggiunto il pontile nord, il più lungo pontile d’Europa (circa 960 metri), che supplì alla assenza di un vero e proprio porto, cresciuto nel tempo in relazione all’aumento dei carichi delle materie prime e dei prodotti, costituito da tratti di palificate in c. a. alternati a cassoni galleggianti (le “isole”). E’ stato restaurato ed aperto al pubblico con la sua passeggiata pedonale nel 2005.

Gli edifici, conservati come memoria della presenza e del ruolo dell’industria siderurgica a Napoli nell’intero XX secolo, e destinati nel programma originario a documentare in futuro, con il loro restauro e la loro rifunzionalizzazione, le fasi del ciclo di produzione dell’acciaio, sono stati abbandonati al degrado e ad un lento disfacimento, come dimostrano alcune delle foto. Solo per alcuni di essi (Candela Agglomerato e Carroponte Moxey) fu effettuata la messa in sicurezza dalla Bagnolifutura SpA a partire dal 2002 o avviato il loro recupero a nuovi usi (l’Officina meccanica, come sede di studios cinematografici e la Centrale pompe del Treno nastri, come sede di un centro studi e acquario per le tartarughe marine, per molti anni ospitate nell’area); anche per essi la sorte non è stata propizia.

In un vetusto edificio lungo la via Coroglio è conservato l’archivio storico e tecnico dell’impianto siderurgico, che raccoglie centinaia di faldoni ed una vastissima documentazione (dati sulla vita della fabbrica e sui suoi lavoratori, disegni tecnici, foto e filmati, libri e riviste). La vastità e complessità dell’archivio lo rendono un “giacimento” culturale insostituibile, la cui ricchezza è stata riconosciuta dal vincolo apposto dalla Soprintendenza Archivistica di Napoli nel lontano 1992. La sezione tecnica, che contiene la completa documentazione della costruzione dell’impianto, è ancora dotata di un sistema automatico per la ricerca e la consultazione della enorme quantità di grafici e documenti conservati (il “robot”), che furono i preziosi strumenti per la dismissione della fabbrica e la vendita di molti suoi impianti. Oggi è abbandonato a se stesso e  minacciato di trasferimento.

Una realtà assai attiva nell’area è quella del Circolo Ilva, che costituisce ancora oggi una presenza ed un  presidio fondamentale per l’intero quartiere di Bagnoli, più che mai prezioso nel deserto in cui sorge. Nacque nal 1909 come Società di Mutuo Soccorso per dirigenti ed impiegati e società sportiva per il canottaggio e gli sport nautici (Canottieri Ilva) e per l’attività calcistica (Bagnolese), entrambi ricchi di successi e notorietà, quindi, a partire dagli anni ’60 accettò anche gli operai tra i suoi soci. Il Circolo  è cresciuto nella sede definitiva ed attuale di via Coroglio su una superficie di oltre 20.000 mq e conta ben 1.800 soci, di cui circa 300 ancora ex operai e impiegati ed è protagonista di numerose attività  sportive, ricreative, sociali e culturali.  Ma è anch’esso sotto la minaccia di sfratto e/o di trasferimento, lontano dal suo mare e dalla sue sede elettiva.

a cura di Augusto Vitale

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