di: Alessandro Castagnaro*

Obiettivo primario del Rotary è quello di prestare un service per migliorare la vita e i territori in cui viviamo e operiamo. Con questo progetto il club Napoli est, e gli altri coinvolti, assieme al distretto 2100 nel suo ultimo anno di vita prima di essere sdoppiato nei distretti 2101 e 2102 a causa della sua crescita esponenziale sia in termini di club che di soci, si è posto una duplice finalità: quella di far conoscere il Forte di Vigliena, un monumento nazionale ricco di valori più immateriali che materiali, e quella di sollecitare le amministrazioni e le istituzioni alla valorizzazione di un complesso ricco di storia, ma che da lungo tempo è in uno stato di abbandono e di degrado, in un’area fortemente depressa che lamenta un processo di rigenerazione urbana e paesaggistica.

La città di Napoli, che vanta oltre 25 secoli di storia, tra i suoi molteplici monumenti dall’alto valore artistico ‒ talvolta abbandonati e trascurati ‒ annovera le architetture fortificate e di difesa[1] che la rendono un caso più unico che raro, poiché vanta nel suo impianto urbano ben cinque castelli. Infatti, partendo dal golfo, troviamo: Castel dell’Ovo, sull’isolotto di Megaride; Castel Nuovo, di epoca angioina, che apre sullo storico porto della città; Castel Sant’Elmo, che domina dall’altura del Vomero; Castel Capuano, dove con diverse modalità è stata praticata la giustizia dal 1400 per almeno sei secoli; infine, quello che resta del Castello del Carmine ‒ di cui rimangono poche tracce, tra l’altro tagliate dai percorsi viari dell’attuale via Marina, tracciati nel secondo Novecento ‒ che chiudeva la cinta urbana ad oriente. Tuttavia, oggi Napoli non va più considerata nella sua cinta urbana, in quanto i confini amministrativi, da quando nel 1936 si istituì l’Alto Commissariato per la Provincia di Napoli, sono stati ampliati con l’inclusione di alcuni comuni a se stanti che ora sono divenuti quartieri o municipalità della città, come San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli ed altri ancora.[2] Pertanto, attualmente la visione della città va estesa a quella dell’area metropolitana, secondo quanto previsto dal suo statuto.[3]

Il cosiddetto Forte di Vigliena è una struttura dalle origini settecentesche, voluta dal Marchese di Villena ‒ da cui la denominazione ‒ a San Giovanni a Teduccio, in una zona costiera, un tempo balneare, da cui parte il cosiddetto Miglio d’oro. Quest’ultimo, definito «d’oro» per i giardini ricchi di pometi (arance, limoni e mandarini), per la ricchezza storico-paesaggistica e per la presenza di splendide ville vesuviane del Settecento, era un tempo la strada regia delle Calabrie e attraversa i quartieri napoletani di San Giovanni a Teduccio e Barra, proseguendo poi per i comuni di San Giorgio a Cremano, Portici ed Ercolano. Nei pressi del Forte sorgeva la grande struttura di impronta illuminista dei cosiddetti Granili, progettata da Ferdinando Fuga a partire dal 1779, dopo aver avviato la costruzione dell’Albergo dei Poveri, come deposito di grano, un’opera dalle mastodontiche proporzioni lungo la linea costiera. Altra opera a dir poco sfortunata, poco tempo dopo la sua erezione sembrò troppo grande per essere adibita ad un singolo scopo, così che furono impiantati gli arsenali di artiglieria e una fabbrica di cordami. Fu poi adoperato come carcere per i sostenitori della Repubblica Napoletana del 1799 e, durante l’epidemia di colera degli anni 1836 e 1837, fu anche adibito a ospedale. Fu inoltre considerato un comodo approdo per le barche, dal momento che prevedeva uno sbarcatoio sul mare, fino alla sua demolizione in epoca a noi più recente.

San Giovanni a Teduccio, area a vocazione industriale, visse dal 1820 un secolo di sviluppo ed innovazione: infatti, dal 1839 con la realizzazione della tratta Napoli-Portici, prima ferrovia italiana, fu aperta la stazione, ancora oggi presente sul corso principale ed utilizzata dai bagnanti alla ricerca di lidi con acque pulite lungo la fascia costiera e un entroterra ancora segnato dalla presenza dei mulini a vento per la lavorazione del grano. Di lì a poco prese il via l’economia legata all’industria che, se da un lato cancellò l’immagine amena del luogo di villeggiatura, dall’altro diede un forte impulso occupazionale, incrementato dal 1872 con la nascita dello stabilimento Corradini, poi divenuto Cirio-Corradini. Si tratta di un grande complesso industriale, rimasto attivo fino agli inizi della seconda metà del secolo scorso, che oggi risente fortemente dell’atmosfera di una periferia degradata la quale, nonostante le molteplici valenze anche di carattere paesaggistico, verte in uno stato di abbandono tra complessi industriali ormai dismessi e aree malsane. Ciò nonostante, l’area presenta diversi punti di attrazione, tra cui il polo di eccellenza costituito dalla nuova sede d’Ingegneria dell’Ateneo federiciano, nata con l’intento di decongestionare la sede di Fuorigrotta della stessa facoltà. Un progetto che vede l’Ateneo impegnato anche su aspetti politico-sociali, poiché vuole contribuire attraverso un polo universitario alla riqualificazione urbana di un tessuto degradato e abbandonato. Nello stesso complesso, ormai attivo da vari anni, è insediata anche la Apple Accademy.[4]

Altro interessante polo di carattere industriale è costituito dal già citato ex stabilimento Cirio di Vigliena che nel 2011 è stato ristrutturato per accogliere i laboratori del Teatro San Carlo di Napoli al fine di promuovere un polo formativo con varie attività di spettacolo ed espositive e dove è anche conservato l’Archivio storico del Teatro: immagini, fotografie, autografi, bozzetti, progetti, programmi di sala, documenti, ecc. Inoltre, altra eccellenza, al confine con San Giorgio a Cremano, è il museo di Pietrarsa, nel luogo in cui fu impiantata la prima fabbrica italiana di locomotive, nel 1849.

È in questo contesto contraddistinto da rare eccellenze, ma anche da tanto degrado, che sorge il nostro monumento nazionale, il Forte di Vigliena, una struttura ricca di storia e di valori materiali e immateriali che lamenta una riqualificazione e valorizzazione. Se i valori immateriali, legati innanzitutto alle vicende del 1799, vengono trattati in altre parti di questa pubblicazione, intendo qui soffermarmi sulle valenze architettoniche dell’opera.

Eretto nel 1703 come fortino di guardia a difesa della costa, il Forte fu voluto dall’ultimo viceré spagnolo Giovanni Emanuele Fernandez, duca di Escalona e marchese di Villena, durante il regno di Filippo V di Borbone e fu costruito dall’ingegnere militare don Filippo Marinello. Secondo il gusto neoclassico, il Forte aveva una pianta a cinque punte, con un fossato circostante ed un ponte ligneo per superare lo stesso. Un’opera già leggibile ‒ come peraltro è stato notato in una interessante pubblicazione di G. Ascrizzi e L. Esposito sul Forte[5] ‒ nella cartografia del Duca di Noja del 1775 che «riporta chiaramente la piantina del suddetto fortino che è situata poco più a sud della Marina delle tre Torri».[6] A conferma di ciò, un interessante documento acquerellato recante misure espresse in canne napoletane è conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli.[7]

Si tratta di una tipica struttura difensiva del tempo con rivellini, mura basse e bastionate, una garitta di guardia e una polveriera, le casamatte ed una struttura d’ingresso a pianta triangolare posta al di là del fossato e con il vertice opposto rispetto a quello del fortino. Anche i materiali con cui fu realizzato meritano un cenno: pietra di tufo di grande taglio, ad eccezione degli spigoli rinforzati con resistenti blocchi in pietra lavica vesuviana che costituiva anche il parapetto della parte prospiciente il mare. Infatti il tufo giallo, materiale tipico campano e del napoletano, risulta essere più tenero e talvolta friabile, pertanto l’autore, da buon ingegnere militare, progettò i rinforzi in tutte le parti più esposte agli attacchi bellici da mare e nelle parti dove sussistono le maggiori tensioni strutturali con una pietra lavica del vicino Vesuvio, all’epoca ancora particolarmente attivo, che assume una durezza ed una resistenza notevole.

Al di là delle sue valenze di architettura militare, ma comunque per motivi legati alla sua funzione, il Forte divenne celebre nel 1799, anno della rivoluzione di Napoli. Era il 23 gennaio quando in città fu proclamata la Repubblica Napoletana e il re Ferdinando IV di Borbone fu costretto ad imbarcarsi sulla nave inglese dell’ammiraglio Nelson alla volta della Sicilia. Proprio in virtù di queste vicende, il Forte, abbandonato e danneggiato nel 1891, grazie all’iniziativa dei parlamentari Imbriani e Villari fu dichiarato monumento nazionale e quindi soggetto ad un’opera di restauro. Da allora, su di esso è stata riposta grande attenzione anche da parte di personaggi come Benedetto Croce, con la sua rivista Napoli Nobilissima.[8]

Oggi che l’area di San Giovanni lamenta fortemente una rigenerazione urbana, che la costa, dagli alti valori panoramici, attende una meritevole riqualificazione ambientale, il fortino, benché monumento nazionale dalle valenze iconiche, rimane nell’abbandono più totale, sconosciuto a gran parte della collettività locale e della città. L’attuale soprintendente per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli, Luigi La Rocca, in una recente intervista rilasciata al giornalista Paolo Barbuto su Il Mattino del 4 febbraio 2021 ha sostenuto la necessità di «recuperare beni tutelati anche con iniziative per destinazioni d’uso diverse», e tra le opere elencate nell’ambito della stessa intervista, dal titolo La città abbandonata, è indicato il Forte di Vigliena[9].

Personalmente non credo che questa struttura possa assumere una diversa destinazione d’uso, in particolare nello stato in cui si trova, ma sicuramente pur nelle condizioni di rudere può essere valorizzato anche con un “progetto a verde” che gli conferisca quel giusto valore, simbolico per la memoria, di volano per un’auspicabile rigenerazione dell’intera area e un adeguato processo di conoscenza. Il Rotary sta facendo la sua parte al fine di sollecitare tutte le istituzioni coinvolte.

[1] Cfr. G. Amirante, M. R. Pessolano (a cura di), Territorio, fortificazioni, città. Difese del Regno di Napoli e della sua capitale in età borbonica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2009.
[2] Cfr. A. Castagnaro, Architettura del Novecento a Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1998.
[3] Statuto della Città Metropolitana di Napoli, pubblicato il 22 April 2015.
[4] Cfr. A. Castagnaro, Complesso universitario di San Giovanni a Teduccio in Id. (a cura di), Passeggiando per la Federico II, FedOA- Federico II University Press, Napoli 2019.
[5] G. Ascrizzi, L. Esposito, Il Forte di Vigliena. Ricostruzione plastica e storica, Editrice Fiorentino, Napoli 1980.
[6] G. Ascrizzi, L. Esposito, op.cit., p. 10.
[7] Archivio di Stato, sala piante, busta 22 n. 3.
[8] Cfr. B. Croce, G. Ceci, M. D’Ayala, S. Di Giacomo (a cura di), La Rivoluzione napoletana del 1799, Morano e Figlio, Napoli 1899; G. Abatino, Il forte di Vigliena, in Napoli Nobilissima, VIII 1899.
[9] Tra gli altri interventi, con l’intento di una riqualificazione del Forte, va citato il recente convegno dell’Associazione dei Castelli con il contributo di Giuseppe Pignatelli Spinazzola.

 

*Professore di Storia dell’Architettura presso l’Università Federico II di Napoli
Socio del R.C. Napoli Est
Governatore eletto Distretto Rotary 2101

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